11 marzo, 2012

La sottile linea fra paura e coraggio

Dal Red Badge di Stephen Crane alla Red Line di Terrence Malick

L’opera che è al centro della produzione di Stephen Crane, l’esempio più importante della sua visione ironica della vita, è senza dubbio Il segno rosso del coraggio. Scritto trent'anni dopo la guerra civile americana, nel 1895, rimane il libro più valido, più autentico fra tutti quelli che hanno avuto per argomento quel conflitto. Per avere un’idea di ciò che Crane riuscì a costruire e fissare, da artista consapevole ed attento quale era, si pensi a un giovane nato nel 1951 che ci dia oggi il miglior romanzo sulla Resistenza. Quali sono i valori intrinseci che hanno fatto lodare questo racconto fin dal suo primo apparire? Perché ancora noi moderni lo leggiamo con interesse e con diletto, lo sentiamo vero, vi ritroviamo espressa la sostanza fisica e spirituale di cui è fatta la vita? Su The Red Badge si sono accumulati strati di critica, specialmente in questi ultimi anni, per coglierne l’essenza, il significato reale, per indicare l’arte dello scrittore. Gli inglesi vi riconobbero subito il capolavoro di un autore geniale. George Wyndham scrisse che “Mr. Crane ha certamente creato un capolavoro”; Edward Garnett scrisse “nella sua arte è straordinario… egli è l’artista e l’interprete perfetto di ciò che affiora della vita.” Joseph Conrad, molti anni dopo commentò analizzandone i meriti: “Quanto a capolavoro non c’è dubbio che The Red Badge lo è.” H.G. Wells esaltò la novità dell’arte di Crane, come quella che aveva saputo fare “enormi ripulse… è come se pensiero e tradizione della razza fossero stati cancellati dalla sua mente… egli per primo esprime una mente che si apre a un nuovo periodo.” Capolavoro è rimasto per tutti quelli che l’hanno letto non frettolosamente, che non si sono fermati alla vicenda o avventura che sia. La trama può anche dare l’idea di una banale storia a lieto fine. Il giovane contadino Henry Fleming si arruola nell'esercito, si preoccupa perché non sa se si comporterà da eroe o da vigliacco, si impegna un momento nella battaglia e poi scappa. Pieno di vergogna e di imbarazzo vaga qua e là e gli capita di assistere alla morte straziante di un compagno, Jim Conklin. Dopo aver lui stesso ricevuto una ferita alla testa da un compagno in fuga, ritrova il suo reggimento, torna a combattere, e in prima fila, reggendo la bandiera, guida i suoi compagni all'assalto. Cercando a questo punto di precisare qual è il tema del libro ci soccorrono dapprima due definizioni dello stesso Crane: “È un semplice episodio di vita, una amplificazione”; “è un ritratto psicologico della paura”, cioè il ritratto del protagonista, con le sue illusioni e sogni, ad una maturità che ha ormai accettato il reale. Storia di un’iniziazione quindi; e c’è subito chi ha pensato ad una quest, cerca una chiave religiosa, della salvezza, o una ricerca mitica del giovane guerriero che va verso il mostro rosso, la Guerra. Così lo sviluppo morale di Henry seguirebbe i moduli della fuga e del ritorno; Henry viene redento dalla morte del compagno Jim Conklin, 'il soldato alto', le cui ferite, la statura e persino le iniziali del nome ricordano Gesù Cristo. Di questo avviso è anche il regista Terrence Malick avendolo portato alla fama del pubblico con un film, tratto proprio da questo libro. La guerra, infatti, viene usata come morte fisica dell’uomo, ma da sempre contrapposta alla rinascita spirituale. L’invocazione d’aiuto e accolta dalla natura circostante e dalla stessa natura dell’uomo, in un poema che per molti versi è stato considerato triste. Si può, dunque, essere d’accordo nel vedere il tema del libro come bivalente: da una parte il rapporto tra coscienza del protagonista e la realtà, dall'altra l’iniziazione di un adolescente alla vita. Lo stesso protagonista muove dal sogno o illusione che gli presenta guerre e battaglie in una luce romantica. Il sogno però non è realtà. La guerra non è niente di nobile, di grande, di favoloso. È sudore, sangue dolore; è sudiciume e squallore. Henry passa attraverso questa dura esperienza, scopre e riconosce la realtà e attraverso il sangue e la morte conquista la vittoria su se stesso ed emerge più ricco interiormente, più maturo. Ha avvertito un vincolo di fratellanza che lo lega ai suoi compagni, è consapevole di non essere più adolescente. Il segno rosso del coraggio è quindi la storia di una esperienza morale; ma è anche un libro sulla guerra. Se messo a confronto con Stendhal (La Certosa di Parma) o Tolstoij (Guerra e Pace) sembra povero, scarno e difettoso. La guerra civile non è mai nominata, non si parla delle cause, della tattica, o della strategia, o dell’arte militare. Non vengono discusse idee, non c’è filosofia espressa che sottende agli avvenimenti. La guerra è descritta soltanto attraverso gli occhi di una giovane recluta. Eppure la presentazione della guerra è vivida, verosimile nella scelta dei particolari. C’è tutto della guerra: le attese snervanti, le ansie, le voci allarmistiche che si diffondono rapidamente, le incomprensioni, il risentimento verso gli ufficiali, la fatica, il panico, la rabbia, e l’odio contro il nemico. E allora perché il regista della Sottile linea rossa rimane affascinato da questo romanzo così superficiale? Terrence Malick è rimasto molto colpito dalla storia che tende ad essere emblematica, puntando all'universale riesce a porsi su un piano di universalità. Già abbiamo visto che Crane scelse una fetta di un tutto, un solo episodio di una guerra lunga, sanguinosa e motivata da ragioni gravi, umanitarie ed economiche. Si soffermò di più sui dettagli. Il sentimento del protagonista, la paura di non sapere affrontare la prova del fuoco, è un sentimento comune, che può trovarsi in ognuno di noi. Lo svolgimento della scena è nella mente di una sola persona che pur immaginando guerre e battaglie, riflette sull'onore personale e l’isolamento di fronte all'indifferenza della natura. Ogni cosa passa attraverso lo sguardo del protagonista. C’è una caratteristica che ha fatto sì che questo romanzo divenisse una pellicola cinematografica. L’uso che Crane fa dei colori è quello tipico degli impressionisti. L’impressionismo è il procedimento che meglio serve allo scrittore per farci soprattutto vedere, e toccare e udire, ma anche per giungere all'essenza della realtà, che è poi la sostanza della verità.


sm


1 commento:

  1. Caro Simone, complimenti. Bella la grafica, una scala, simbolo di distanze che si accorciano, e, il mondo della scuola, quello a te piu' vicino, dovrebbe avere essenzialmente questo compito. Una scala aperta è anche simbolo di lavoro, di cantiere, quello che in questo periodo manca, spesso, come ci raccontano le cronache,e le storie di vita, frammentato, con un'enormità di tipologie contrattuali.In questo caso è simbolo dell'inizio del tuo lavoro. Del tuo impegno.Son sicuro che saprai trarre motivazioni e soddisfazione allo stesso tempo. Trovo interessanti anche i termini, le parole usate nella tua partenza: finestra, casa, nostra. Finestra, come per dire che non si puo' avere la pretesa di trattare tantissime notizie, in un mondo, quello della rete, così vasto, ma, suscitare domande. E questo è lo scopo, l'obiettivo. Dicevi spesso ai compagni, "esistono problemi, ma esistono anche soluzioni". Aprire una finestra, che non è guardare ma osservare una realtà, magari a partire da sfumature e coglierne, svelare, gli ingranaggi nascosti. Casa, il luogo dove far ritorno, dove ci si sente a proprio agio. Anche la scuola è una casa. Una casa che hai definito "nostra", offrendo, la possibilità di poter commentare, condividere, suscitare punti di osservazione a potenziali lettori. Nostra, la trasformazione di tanti io in un noi, con la chiara scelta di lasciare l'io, l'individualismo, l'egoismo alle spalle, come sempre dimostri anche nella vita reale.
    Ora non mi rimane che ribadire il mio bravo e buon lavoro.

    RispondiElimina